
Ultimamente nel mondo digital non si parla d’altro: sempre più utenti stanno sperimentando le potenzialità offerte dall’Intelligenza Artificiale, in particolare da ChatGPT (Generative Pre-Trained Transformer), il sistema capace di produrre testi che in tutto e per tutto sembrano redatti da una persona vera.
Un risultato sbalorditivo, che ha destato l’interesse di molti per questo strumento di elaborazione del linguaggio naturale che utilizza algoritmi di apprendimento automatico per generare contenuti. E da più parti si rileva che lo sviluppo inarrestabile dell’Intelligenza Artificiale porterà alla sparizione o alla sostituzione di moltissimi lavori e ruoli professionali
Questo significa che i copywriter, i giornalisti e tutte quelle figure professionali legate alla scrittura di testi per il web hanno i giorni contati?
Secondo me no. E in questo post ti spiego perché.
Come funziona ChatGPT
Grazie all’apprendimento profondo (un insieme di tecniche basate su reti neurali artificiali), questo modello di linguaggio di terza generazione è in grado imparare tramite l’impiego di grandi quantità di dati, con l’obiettivo di capire come pensano e ragionano gli esseri umani.
Non solo. Oltre che in ambito di scrittura, sono potenzialmente enormi le applicazioni di questo sistema anche nel mondo dei chatbot: ChatGPT è in grado di comprendere subito il problema tecnico del cliente e può indirizzarlo rapidamente alle persone in grado di risolvere la questione.
Mentre i sistemi precedenti si limitavano a predire il linguaggio dell’utente proponendo soluzioni di autocompletamento (è quello che fa Gmail, per esempio), le nuove generazioni di sistemi sono oramai in grado di costruire frasi di senso compiuto e sostenere discussioni, senza che nessuno sospetti di interagire con un Bot.
I limiti dell’AI
Se hai provato Chat GPT avrai percepito subito che il sistema ha ancora molte difficoltà a comprendere il contesto di una conversazione o le sfumature del linguaggio umano. In parecchi casi, arrivano risposte scritte in modo corretto, ma che spesso suonano banali e ripetitive.
Il motivo è semplice: Chat GPT produce direttamente i risultati dei dati che ha a disposizione. Se questi sono parziali, o riflettono pregiudizi e bias cognitivi, il sistema non è in grado di rilevarlo e quindi può produrre risposte erronee e incomplete.
La qualità del risultato dipende in maniera decisiva dall’input che viene dato e dal nostro controllo e intervento diretto.
Per essere ancora più chiari: appena usciamo da situazioni standard per entrare in scenari complessi che necessitano di informazioni personalizzate e di un preciso tono di voce, siamo noi a dover aiutare ChatGPT con le nostre competenze e la capacità che abbiamo di relazionarci con il nostro specifico interlocutore.
ChatGPT è in grado di imitarci, ma non può sostituirci nelle nostre esperienze umane e professionali.
Mi ha colpito molto una riflessione dei filosofi Miguel Benasayag e Bastien Cany, che contestano la similitudine che si fa di solito tra il computer e il cervello umano: il nostro pensiero non può essere paragonato a un semplice flusso logico-informatico che circola nel software e che si basa sui dati, i programmi e gli algoritmi che vi sono stati introdotti.
Perché il nostro cervello non è un semplice sistema di elaborazione delle informazioni, e non si può concepire isolato dal nostro corpo, dalle nostre percezioni del mondo circostante e dalle esperienze di vita che facciamo.
È questo che ci rende unici e differenti da una macchina, per quanto “intelligente”.
Dove non c’è più spazio per la scrittura professionale
Non giriamoci intorno: entro pochi anni, grazie a sistemi come ChatGPT, il 90 per cento delle notizie sarà scritto da algoritmi, che diventeranno sempre più abili anche nel rendere fluido il tono della scrittura.
Già oggi si iniziano a vedere gli effetti di una linea di tendenza inarrestabile, che in molti ambiti renderà superfluo (o quantomeno facoltativo) il coinvolgimento di creatori di contenuti.
In particolare, gli algoritmi se la caveranno benone in tutti quei testi dove occorre una scrittura eminentemente tecnica: per fare qualche esempio, un tutorial, una descrizione di un itinerario, una pagina di previsioni meteo possono già essere scritte da un algoritmo.
In tutti i contesti dove si usano formule generiche e si fanno descrizioni generali, l’intervento degli umani è destinato a diventare sempre meno richiesto.
Non è detto che sia un male liberare gli ideatori di contenuti dai compiti più noiosi e ripetitivi: questo può dare l’opportunità di dedicarsi a storie creative e stimolanti, magari facendosi aiutare proprio da ChatGPT per accorciare i tempi della ricerca e perfezionare il trattamento dei testi.
Dove c’è ancora spazio per la scrittura e redazione di testi (e ci sarà sempre)
È evidente però che gli ambiti toccati dalla scrittura professionale (che, non dimentichiamolo, comprende il business writing, la scrittura creativa e la scrittura narrativa) sono molto più vasti di quelli appena elencati.
Oltre alle parti tecniche e alle descrizioni, esiste un livello concettuale molto più complesso.
La differenza tra umani e algoritmi continuerà a esserci soprattutto nel lavoro di progettazione di un testo, in tutti quei contesti dove all’efficacia della parola scritta si assomma la forza delle idee.
Un esempio? Nel business writing occorre saper creare approcci e concept innovativi, che possono esaltare i punti di forza dell’azienda e aiutarla a differenziarsi dai concorrenti.
Combinare in un testo l’affidabilità e rilevanza dei contenuti con un utilizzo efficace dei media (digitali e non), tenendo assieme gli obiettivi di business, è una cosa che può fare solo un professionista: il copywriter.
Non solo. Interpretare attraverso la parola scritta le idee del cliente, rendendole chiare ed efficaci, richiede capacità particolarmente sofisticate e la combinazione di caratteristiche diverse.
Anche qui, per fare un paio di esempi concreti, pensa a un documento di strategia o alle narrazioni per la comunicazione aziendale: ti sembra possibile che possano essere scritti da un algoritmo? Evidentemente, no.
Per fare questo ci vuole qualcuno capace di integrare dati provenienti da campi diversi, intercettare fenomeni che sono ancora sotto traccia, andare a frugare nelle zone di confine.
Soprattutto occorre saper progettare testi che contengano un’idea, un punto di vista, una chiave di lettura, una proposta.
Tirando le somme…
Sicuramente sta arrivando una rivoluzione che investirà i professionisti della scrittura: algoritmi come ChatGPT potranno sostituirli egregiamente nelle descrizioni tecniche e in tutti quei testi che hanno un livello medio-basso di complessità.
Viceversa, nel lavoro di progettazione di un testo, nell’elaborazione di concept e strategie e in tutti quegli ambiti che richiedono la capacità tutta umana di portare alla luce un dettaglio, un concetto da chiarire, una storia che merita di essere raccontata, la scrittura di un professionista continuerà a essere insostituibile.
Per non parlare del fatto che algoritmi sempre più evoluti e sofisticati saranno in grado di scrivere in modo sempre più fluido e chiaro. Ma difficilmente potranno eccellere nell’uso delle metafore, o nella creazione di testi pieni di ironia e senso dell’umorismo.
(Photo by Markus Winkler on Unsplash)