Come si misura il valore di una narrazione

I frutti del Content Marketing

Quali sono le tendenze che funzionano di più nella comunicazione digitale? In questo momento pare che siano due.

La prima è che viene premiato chi riesce a instaurare un dialogo e una relazione vera con il proprio pubblico di riferimento puntando su “contenuti di qualità”. Che, detta in parole semplici, significa offrire informazioni realmente utili.

La seconda è che c’è stata un’ascesa esplosiva dello storytelling: tutti ne parlano, tutti lo citano, tutti non ne possono più fare a meno.

La cosa buffa è che questi due fenomeni sono visti a volte in contrapposizione tra loro: per alcuni, se vuoi essere serio ed efficace devi fare una comunicazione razionale, quindi andare dritto al sodo e offrire informazioni utili.

Per altri, se vuoi essere coinvolgente e colpire nel segno, non devi limitarti a snocciolare aridi dati tecnici, ma “tirare dentro” il tuo pubblico con una narrazione. Quindi fare storytelling.

La trovo una cosa buffa perché la soluzione ottimale è semplicemente unire le due cose: se riesci a fornire informazioni realmente utili e a farlo coinvolgendo tramite la narrazione, puoi amplificare enormemente l’efficacia e l’effetto del tuo messaggio.

Fare storytelling è un bisogno primordiale

Sull’importanza di offrire contenuti di qualità e informazioni utili, siamo tutti d’accordo. Invece, c’è chi pensa che lo storytelling sia solo uno slogan ad effetto.

Vale la pena di sciogliere un equivoco. Che ci piaccia o meno, oramai lo storytelling è una cosa che tutti quanti stiamo facendo di continuo, magari senza saperlo.

Io, per esempio, sono “costretto” da mia figlia a fare tutti i giorni il narratore: il gioco tra noi è che prima di addormentarsi lei deve ascoltare una nuova storia che mi devo inventare sul momento. E il bello è che ogni volta ci riesco. Perché, come dice Joseph Phillips in un suo post tutto da leggere

Fare storytelling è un bisogno primordiale. Siamo letteralmente costruiti per capire il mondo attraverso la narrazione. Il nostro pubblico non solo vuole storie, ne ha bisogno. Facendo dello storytelling una parte significativa della tua strategia di contenuti, stai toccando quel bisogno primordiale e aiuti le persone che contano per te a capirti un po’ meglio.

Se le cose stanno così, forse conviene guardare la faccenda da un’altra prospettiva.

Cosa entra in gioco

Phillips sostiene che ogni curatore di contenuti, indipendentemente dal settore in cui lavora e dalla natura dei contenuti a cui sta lavorando, è uno “story strategist”. Perché tutti i contenuti sono comunicazione e la narrazione è la forma più potente di comunicazione che esista.

Come dargli torto? Pensa alla noia che spesso ti assale quando sei costretto ad assistere a una presentazione in Powerpoint piena solo di elenchi puntati e dati numerici. Il contenuto può anche essere di grande importanza e rilevanza per te. Ma il modo in cui è proposto ti induce allo sbadiglio.

Prova invece a pensare a una presentazione che ti ha entusiasmato, a un discorso che ti è rimasto impresso, a un articolo che hai messo tra i preferiti: avevano tutti qualcosa in comune. L’autore ha saputo comunicarti le sue idee con forza, e ci è riuscito perché ha fatto leva anche su precisi elementi della narrazione.

10 punti per misurare l’efficacia di un contenuto

Se sei d’accordo che la narrazione è un fattore molto influente nel successo di un contenuto, dovresti aggiungerla tra i criteri di valutazione assieme a elementi quali l’utilità, la precisione, la chiarezza e l’usabilità.

Ecco i 10 punti proposti da Phillips per valutare il “valore di narrazione” di un contenuto pubblicato:

  1. Quanto di questo contenuto comunica il suo messaggio e l’obiettivo parlando alle emozioni, non solo alla logica?
  2. Il tono di voce è caldo, informale, e rivolto direttamente alle persone, o aziendale, troppo formale e incentrato sul punto di vista dell’organizzazione?
  3. Come sono presentati eventuali inviti all’azione? Sono condotti con benefici facilmente riconoscibili che rendono evidente come faranno a risolvere un problema reale o migliorare la vita di qualcuno?
  4. Accanto a informazioni concrete e statistiche, ci sono esperienze umane in cui identificarsi?
  5. Le informazioni fattuali su questo argomento nascono da storie di persone che dimostrano o sostengono il tuo messaggio?
  6. Quale mix di formati sono utilizzati per condividere queste esperienze: testo, immagini, video o audio? E sono i più appropriati per il contesto?
  7. Metafore, diagrammi, immagini o dati visualizzati rendono l’argomento più vivo e interessante per il lettore?
  8. I concetti sono troppo tecnici, complessi o scientifici per essere suddivisi in idee facilmente comprensibili attraverso l’uso dell’analogia e della metafora?
  9. La fotografia è utilizzata in modo efficace per sottolineare un punto?
  10. I diagrammi e i dati delle visualizzazioni sono inclusi per raccontare “la storia dietro i fatti”?

Mi raccomando…

E’ facile predicare bene e razzolare male. Per esempio, rileggendo questo post alla luce dei 10 punti di cui sopra, mi sono accorto che la bilancia pende dalla parte della razionalità. 🙂

A mia discolpa posso dire che ci tenevo moltissimo a fare un po’ di chiarezza e portare argomenti di supporto a un tema che mi appassiona molto. Vorrà dire che la prossima volta ti racconterò più cose 😉

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Contenuti efficaci fanno la differenza

3 commenti su “Come si misura il valore di una narrazione”

  1. Proprio ieri leggevo un articolo (secondo me delirante) che schifava anni di discorsi sullo storytelling.
    Parola di cui spesso si abusa e che a volte mi irrita, ma che, esattamente come dici tu, traduco in: forma di comunicazione informale atta a fornire informazioni utili sotto forma di racconto. Mi viene in mente il Carosello, come esempio di storytelling finalizzato alla vendita.
    Quello di cui raramente si parla, invece, è la reale difficoltà riuscita di questo apparentemente facile processo, ovvero, i dieci bellissimi punti di Phillips non sono istruzioni di Ikea che con l’apposita brugola ti porteranno alla costruzione del tuo tanto amato Stolmen, ma il distillato di un immenso lavoro che purtroppo non è per tutti.
    Ed è qui che casca l’asino, spesso lo storytelling non ci porta a staccare fatture semplicemente perché non è costruito bene.
    Penso al blog aziendale di una pmi (più p che m) che non ha risorse sufficienti per affidarsi a un professionista e che sarà costretta a scegliere a sorte tra il meno peggio dei dipendenti volenterosi (io, io, mi piace tanto scrivere…).
    Storytelling sì, e nemmeno stiamo inventando nulla asserendolo, finalizzato alla vendita anche (beh, mi pare il minimo), ma diciamolo: accidenti quanto è difficile.
    Bon, mi sento una rompipalle quando scrivo i commenti e poi temo sempre di essere andata fuori tema e prendere un brutto voto, quindi bello il tuo post, grazie per avermi fatto riflettere, ciao.
    Paola

    1. Grazie a te Paola, altro che andare fuori tema, hai centrato in pieno una serie di questioni fondamentali su cui tornerò sicuramente. Intanto ti dico che sì, fare storytelling è sicuramente difficile ma una narrazione efficace la si può costruire e costruire bene. La base di tutto è acquisire la consapevolezza di quanti fattori entrano in gioco. Grazie ancora per il tuo commento, alla prossima.

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