Contenuti: come fare davvero la differenza

Fuochi d'artificio

Il web è stracolmo di contenuti interessanti. Ma alcuni riescono a “bucare”, a coinvolgere, a fare numeri. Altri no. Perché? I motivi possono essere tanti. In questo post non ti propongo ricette magiche, ma ti parlo di tre approcci che possono aiutarti a migliorare l’efficacia della comunicazione.

#1 Spiega perché fai quello che fai

In una sua TED Conference, Simon Sinek parte con una considerazione sorprendente:

Ogni persona, ogni organizzazione sul pianeta sa quello che fa. Alcuni sanno come lo fanno. Ma sono veramente poche le organizzazioni che sanno perché fanno quello che fanno.

Con “perché” Sinek non intende “per fare profitto”. Quello è il risultato. Intende: qual è lo scopo? Qual è il motivo? In cosa credi? Perché la tua organizzazione esiste? E perché dovrebbe importare a qualcuno? E’ questo che va spiegato.

Per fare un esempio concreto, ecco come comunica Apple:

In tutto ciò che facciamo, crediamo nel pensiero innovativo. Sfidiamo lo status quo costruendo prodotti ben progettati, semplici da usare e intuitivi. E quindi creiamo computer fantastici. Ne vuoi comprare uno?

L’approccio è completamente diverso da quello della concorrenza, perché capovolge l’ordine delle informazioni. Si ribalta il punto di vista comune: la gente non compra quello che fai; la gente compra il motivo per cui lo fai.

Se manca questo passaggio – si chiede Sinek – come puoi portare le persone a votare per te, o a comprare qualcosa per te, o a esserti fedele e a voler partecipare a quello che fai?

Non si tratta di applicare un trucchetto più o meno ingegnoso. Ci puoi riuscire solo se ti metti realmente in gioco, tiri fuori la tua anima e utilizzi quell’arma preziosa che si chiama consapevolezza.

#2 Racconta buone storie

Hai deciso di puntare sullo storytelling? Bene, ottima scelta. La narrazione aiuta il pubblico a ricordare i punti chiave di un’argomentazione e amplifica l’impatto di un contenuto, perché fa leva sulle emozioni e lo rende più umano.

Anche qui, però, dobbiamo risolvere un piccolo problema: come si fa a costruire una buona storia? Lo spiega Giovanna Cosenza in questo video, avvalendosi di informazioni che provengono da studi condotti da Harvard Business School e MIT.

Punto primo. Una buona storia poggia su due leve fondamentali: la mancanza e la difficoltà a ottenere quel qualcosa che manca.

Punto secondo. Una buona storia deve saper suscitare un’emozione. Per fare questo, meglio puntare sulle emozioni che gli psicologi hanno individuato come universali: rabbia, disgusto, paura, felicità, tristezza, sorpresa.

Confesso che questo elenco mi ha un po’ spiazzato, perché le emozioni negative sono in maggioranza, e credo si debbano suscitare raramente, in casi circoscritti e molto precisi. A ogni buon conto, pare che l’emozione meno utile per costruire storie efficaci sia la tristezza, mentre le migliori siano le due positive, felicità e sorpresa.

C’è ancora una cosa. Nel costruire il percorso che parte dalla mancanza, attraversa svariate difficoltà e approda all’esito sperato, devi far salire il tuo pubblico su un “ottovolante emotivo”, dosando bene le emozioni e alternandole con un ritmo preciso.

Troppo difficile? Sicuramente non sono competenze che si improvvisano. Però riflettere su quei meccanismi ti può aiutare a capire per tempo se la storia che hai congegnato e il modo che hai scelto di raccontarla funzionano oppure no.

#3 Punta sull’eleganza

“Le parole sono tutto quello che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste” diceva Raymond Carver.

Un problema che porta inevitabilmente la sovrabbondanza dei contenuti è l’abuso di termini e concetti “che funzionano”: a furia di essere utilizzate, queste formule vincenti perdono di smalto ed efficacia, fino a svuotarsi di senso.

Il rimedio? Puntare sulla precisione. Sull’originalità. E sull’eleganza.

La rappresentazione migliore di questo concetto l’ho trovata in Saki Santorelli, uno dei padri  della meditazione mindfulness e, non a caso, anche eccellente scrittore.

Durante una conferenza, Santorelli ha definito l’intervento che lo ha preceduto “efficiente, chiaro, aperto, ampio e profondo”.

In questi 5 aggettivi, scelti con esattezza millimetrica, è racchiusa l’essenza di quello che lui definisce “un discorso elegante”. Per me, è la descrizione perfetta di un contenuto che funziona.

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