Sigmund Freud, oscuro e geniale medico viennese.

Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi

È al termine dell’Ottocento che fa la sua comparsa la psicoanalisi, una nuova disciplina che si presenta come metodo terapeutico destinato alla cura delle nevrosi.

La prima anomalia di questa impresa audace, al limite del temerario, è da rintracciare nelle caratteristiche del suo autore: un outsider che si muove ai bordi del sapere ufficiale, che resta ai margini del potere scientifico e accademico, che vive, per giunta, in una città molto conservatrice.

Un medico viennese, povero ed ebreo, di nome Sigmund Freud.

Un nuovo metodo terapeutico

A prima vista, la novità che porta non è poi così dirompente: la psicologia è ormai entrata da un paio di decenni tra le discipline accademiche.

La “mossa del cavallo” di Freud consiste nell’affrontare la psicologia con l’intento di costruire una disciplina scientifica che si basi su nuovi principi e metodi autonomi.

Per fare questo, si affida a un aspetto della psiche fino a quel momento ignorato o scarsamente indagato: l’inconscio.

Freud ha il coraggio di affermare che il motore dei processi psichici non è la coscienza, ma sono tutti quegli aspetti da sempre considerati come “scarti” di un’attività positiva e razionale: i sintomi, i sogni, i comportamenti involontari, impulsivi e imbarazzanti.

È proprio al centro di quella materia oscura, nel luogo dove si muovono gli istinti e sorgono i desideri, che bisogna guardare se si vuole indagare e comprendere come funziona l’essere umano.

L’interpretazione dei sogni

Il 4 novembre 1899 esce L’interpretazione dei sogni, l’opera che molti considerano tuttora il capolavoro assoluto freudiano: sicuramente un testo fondamentale, che segna una svolta nella storia della cultura occidentale.

Perché questo libro è così importante? Perché per la prima volta la nuova disciplina della psicoanalisi trova la sua piena sistematizzazione, con la proposta di un metodo d’indagine e terapeutico assolutamente originale e innovativo.

Da quando esiste, l’essere umano ha sempre sognato e ha sempre provato pulsioni sessuali: ma Sigmund Freud è il primo a sostenere che questi due aspetti, apparentemente marginali, sono alla base stessa del nostro funzionamento psichico.

Per l’indagine psicologica diventa allora fondamentale partire proprio dalla ricostruzione della logica del sogno, che l’autore intraprende e realizza su di sé – tramite l’autoanalisi – e sui suoi pazienti.

La logica del sogno

Nel suo lavoro d’indagine l’autore capisce che il sogno ha una sua logica precisa, che va compresa e ricostruita, enucleando un sistema di regole che costituisce la strada maestra per l’esplorazione dell’inconscio.

Contrariamente alla convinzione popolare, il sogno non possiede carattere magico e divinatorio: non svela direttamente il contenuto dell’inconscio ma è strutturato come un “testo” che, opportunamente interpretato, fa emergere un contenuto latente e, per vie tortuose, esprime un desiderio forte che vuole manifestarsi e affiorare in superficie.

Un viaggio al centro dell’essere umano

La psicoanalisi nasce per rispondere a una esigenza umana imprescindibile: trovare una chiave interpretativa per cercare di capire meglio e illuminare i misteri della nostra vita interiore.

Dentro di noi, dentro il nostro corpo, si muove incessantemente un mondo fatto di immagini, sogni, fantasie, sentimenti, istinti, desideri e pensieri.

Lo sappiamo bene, perché facciamo esperienza continua di questo mondo interno, altrettanto importante quanto la realtà esterna ma ancora più difficile da cogliere, poiché è un mondo che non si può ricondurre solo ed esclusivamente a misurazioni oggettive, che risulterebbero molto, troppo riduttive.

Un mondo, in definitiva, che ci appare misterioso nelle sue leggi di funzionamento, nella sua natura, nella sua autonomia.

Non siamo padroni in casa nostra.

E l’illusione di ridurre la complessità del nostro mondo interno ai soli aspetti coscienti, pare a Freud simile a quella di un sovrano assoluto che non ha contatti con il suo popolo e non ne ascolta la voce, limitandosi a leggere i rapporti che gli consegna il suo primo ministro.

Andare oltre le apparenze

Sigmund Freud è un uomo del suo tempo, immerso in una cultura che ha una fede illimitata nella razionalità e nel progresso scientifico.

Se teniamo conto di queste coordinate storico-culturali, si capisce subito quanto sia infondata l’accusa di irrazionalità o esoterismo mossa a più riprese alla psicoanalisi.

È esattamente il contrario: la psicoanalisi costituisce il tentativo estremo di riportare il regno dell’irrazionale sotto il controllo della razionalità, cerca di far arrivare la ragione anche nei territori più impervi per dare dignità di significato agli aspetti più oscuri e meno intellegibili dell’esistenza umana.

I tentativi di cura dell’isteria e il rapporto che si crea con i pazienti indicano a Freud una direzione d’indagine molto precisa: ogni aspetto dell’agire umano, anche il meno volontario, ha una ragione profonda che lo sostiene. È sempre dotato di senso.

Dietro a ogni azione c’è un discorso esplicito a cui non bisogna fermarsi, perché il suo senso reale rimane nascosto e va cercato oltre le apparenze.

Da questo punto di vista la verità è ciò che non è immediatamente evidente, ma che può essere ricostruito a partire dalle sue manifestazioni sintomatiche.

La scommessa di poter arrivare alla verità è il tentativo su cui si fonda il lavoro analitico.

Nuove mappe, nuovi strumenti di navigazione

Il filo d’Arianna per poter riemergere dal labirinto è contenuto nella parola o, per essere più precisi, è situato all’interno del discorso.

Il paziente allora deve essere libero di dire tutto quello che gli viene in mente, seguendo senza troppi ragionamenti il filo dei ricordi e il flusso delle associazioni.

È così che si arriva al vuoto lasciato dalla censura: seguendo tracce mezze cancellate, apparentemente casuali e irrilevanti. È così che si creano le condizioni per l’elaborazione e l’interpretazione.

Non si tratta di un procedimento intellettualistico, tutt’altro. Il lavoro clinico dimostra inequivocabilmente che l’inconscio attua il proprio radicamento nel corpo e nelle pulsioni, rimandando così all’indicibile per eccellenza: la sfera della sessualità.

La “cosa”, oggetto scandaloso d’indagine

Le idee di Sigmund Freud suscitano un grande scandalo, non solo perché infrangono la morale puritana dell’epoca, ma perché affermano per la prima volta l’esistenza di una sessualità infantile.

Questa scoperta sconvolgente turba lo stesso Freud che, come racconta il suo biografo ufficiale Ernest Jones, evita sempre di evocare il concetto o la parola direttamente, utilizzando l’espressione allusiva die Sache (traducibile come “la cosa” o “l’affare”).

A inquietare tutti è la prospettiva di una sessualità non più votata esclusivamente alla riproduzione, ma in grado di agire come una forza potentissima fin dall’inizio della vita, condizionandone gli sviluppi e causando l’insorgenza successiva di numerose patologie adulte.

Ancora di più, emerge che la sessualità non è legata solo a parti anatomiche o a funzioni dell’organismo, ma coinvolge direttamente il pensiero, la fantasia e la parole.

La sessualità si rivela insomma un motore di energia vitale indispensabile anche al funzionamento psichico del soggetto.

Alla ricerca della verità

Per Freud non si tratta solo di indagare il cervello e il sistema nervoso, ma di forgiare un nuovo tipo di razionalità, meno rigida e più ampia, in grado di accogliere al proprio interno le manifestazioni corporee, i vissuti, le fantasie e i riferimenti culturali dei pazienti.

Questa operazione prepara il terreno e spiana la strada al momento fondamentale dell’interpretazione, quando il paziente analizzato intraprende il suo viaggio alla scoperta dell’inconscio: arriva a farlo in modo narrativo, raccontando gli episodi della propria vita, i suoi sogni, i suoi desideri, le sue ossessioni.

Lo psicoanalista cerca di analizzare il materiale emerso e di aiutarlo a gestire i sintomi psicologicamente patologici, dando loro la dignità di un significato comprensibile.

L’obiettivo è quello di porre il paziente nelle condizioni di rimettere in circolo le proprie energie, per iniziare una nuova fase del suo percorso esistenziale.

Il segreto del suo successo

Quella di Sigmund Freud è una figura oltremodo complessa, dove convivono il medico, lo psichiatra, lo psicoanalista, lo scrittore e il filosofo.

Una delle grandi ragioni del suo successo risiede nella notevole capacità di scrittura di cui dà prova nei suoi libri: pur affrontando di continuo temi oltremodo scabrosi, ostici e complessi, riesce comunque a mantenere sempre un’ammirevole chiarezza e uno stile molto efficace nella sua facilità di esposizione.

All’epoca in cui scrive le sue opere si rivolge non tanto – non solo – ai colleghi specialisti, quanto alla borghesia colta europea; oggi è uno scrittore sicuramente impegnativo, ma alla portata del grande pubblico.

Un altro indubbio motivo del suo fascino è la rara capacità di ammettere le sconfitte senza lasciarsene mai travolgere.

Rivendica, a ragione, l’onestà e l’intensità del suo lavoro intellettuale, persegue con tenacia ammirevole – e a qualunque costo – la strada che porta a nuove conoscenze, è il primo a dichiarare i dubbi, le incongruenze e le contraddizioni che derivano dalle sue teorie.

Sigmund Freud: una vita tormentata

La vita di Freud coincide in gran parte con la sua attività clinica e di ricerca. Vale però la pena di fare un accenno alle vicissitudini biografiche a cui va incontro dopo la fine della prima guerra mondiale.

Il suo annus horribilis è il 1920, quando deve affrontare due lutti terribili, che si susseguono a pochi giorni di distanza: la scomparsa di Anton von Freund, un ricco industriale ungherese amico e finanziatore delle pubblicazioni editoriali dell’Associazione Internazionale di Psicoanalisi; la morte a soli ventisei anni di sua figlia Sophie, stroncata dalla terribile influenza spagnola che devasta l’Europa.

Un altro evento traumatico che segna la sua vita avviene nel 1923, quando un collega gli diagnostica un tumore al palato, destinato a tormentarlo per tutti i successivi sedici anni della sua vita e che lo costringerà a numerosi interventi chirurgici.

L’avvento del nazismo e l’annessione dell’Austria al Terzo Reich avvenuta nel 1938 lo costringono a lasciare l’odiata/amata Vienna e a riparare come esule apolide a Londra, dove si spegne l’anno successivo.

*Il testo di questo articolo, con alcune modifiche, è tratto dal mio libro La nascita della psicoanalisi, edito da RCS-La Gazzetta dello Sport.

(Photo credits: Max Halberstadt, via Wikimedia Commons)

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